Settimana scorsa sul mio profilo Instagram ho chiesto di esprimere il vostro parere sulle terapie online, uno strumento entrato a far parte della pratica clinica di moltissimi colleghi e su cui sto svolgendo delle ricerche insieme ad alcune colleghe di Area G - Associazione Onlus.
La maggior parte di voi ha dichiarato di preferire comunque la terapia in presenza, relegando l’utilizzo dell’online solo a situazioni di necessità (come viaggi per lavoro o Erasmus). In generale dalle vostre risposte è emersa l’idea che l’efficacia delle terapie online non sia paragonabile all’efficacia delle terapie in presenza e molti di voi hanno dichiarato che si sentirebbero a disagio ed emotivamente molto distanti dal terapeuta durante i colloqui da remoto.
Per altri tuttavia intraprendere un percorso online rappresenta una valida scelta, al pari di un percorso in presenza. Ad alcune persone la non presenza del corpo e il fatto di svolgere i colloqui restando nell’ambiente sicuro di casa propria può facilitare l’apertura su certe tematiche, altre persone invece non vedono alcuna differenza tra i due setting, forse perché ormai la tecnologia è entrata a far parte così tanto delle nostre vite che la differenza tra online-presenza si sta facendo sempre più sottile e confusa.
Certamente la buona riuscita di un percorso da remoto dipende anche dalla dimestichezza del Clinico con il mezzo tecnologico e da quanto egli sia in grado di trasmettere quella che viene chiamata “empatia digitale”, ovvero la capacità cognitiva ed emotiva di comprendere, sentire e accogliere ciò che pensano e provano le altre persone durante l’utilizzo dei digital media.
In sintesi quindi non sembra esservi una risposta univoca per tutti: il fatto di utilizzare le terapie online dipende sia dal paziente che dal terapeuta, è una scelta che va pensata insieme, considerando se gli aspetti peculiari di questa modalità possano essere in sintonia col modo d’essere di entrambi i membri della coppia clinico-paziente.
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